Saturday 25 May 2013

Viral peace...

Man: “woman, I apologise that you have to see this violent death”

Woman: “I know”

Man: “so, what do you want?”

Woman: “I only want to comfort your victim but also, I wanted to tell you that I love your humanity which doesn’t fade even in the shade of your barbaric and horrendous act”

This imaginary dialogue between a murderer and a passer-by in the streets of London could also be thought of as a dialogue between a Serbian soldier and a Bosnian woman. Or between an allied soldier and an Iraqi woman after an air raid that has obliterated her village.

The Woolwich murderers say they have acted in name of their God, the God of Islam and anyone who lives in the UK knows that their acts have nothing to do with the Muslim community, culture or religion. They are nothing less than a community of hard working, peaceful people who make up a fundamental part of the British social fabric.

The events in Woolwich have been defined a game changer. No longer organised action from terrorist cells co-ordinated, albeit loosely, from a central architecture. But rather spontaneous action based on a message that is partly religious and partly political. From people who were born among us, as British as it gets. This is the viral version of terror that spreads through the social networks that once again have provided fastest information with fairly reasonable accuracy regarding the bloody events of last Wednesday.

It is difficult to see a way out from within. Like is difficult for a fish to understand water. And yet, every now and then, a tiny bubble rises, perhaps from the carcass of decomposing stuff on the sea bed. And it leaves us perplexed while the experience of what envelopes us, changes.

It’s true. The visibility of what happens on the planet grows and unfortunately there are those who decide to use it to take the barbaric route. So, should we try to limit the free circulation of information on the net? It would be a missed opportunity. Because the growth of our aware consciousness is the seed of the only counter-terrorism that can dissolve what we recently saw in Woolwich.

That is the counter-terrorism demonstrated by few women on the crime scene. With no fear to comfort a young man violently brutalised, looking straight into his eyes while he fades away and grasping the last glimpses of his human greatness. With no fear to speak with one of the murderers, giving him attention, finding another human being who, behind the intoxication of a sick ego, still holds the same vital substance of his victim.

The third woman is the one who took the first shot. I like to think that she tried not to kill while taking resolute action in the face of a dangerous circumstance. I like to think so because in the name of parity we have spent half a century pushing women to become the same as men. Parity is right but it should be us men who’d need to approach the ways of the other sex.

There is only one cure: love and kindness towards human life which can’t be touched in the name of a personal God. May we call him Allah or oil, Brahman or money, Jehovah or science or even “protection of our way of life”. Everyone can take this decision within oneself when things are easy as well as in the face of adversity. World peace will not be achieved through the actions and resolve of a part (a self proclaimed “good”) against another (the presumed “evil”). World peace will be an emerging property of the planet, an evolutionary leap of our consciousness. It will be a viral peace. Ghandi said it “be the change you want to see in the world”. RIP Drummer Lee Rigby.

Friday 24 May 2013

La pace virale...

Uomo: “donna, mi dispiace tu debba vedere questa morte violenta”

Donna: “lo so”

Uomo: “allora cosa vuoi”

Donna: “voglio solo confortare la tua vittima ma prima volevo dirti che ti voglio bene per la tua umanità che neppure il tuo atto barbarico e' riuscito a sbiadire”

Questo dialogo immaginario tra un assassino nelle strade di Londra ed una donna, si potrebbe ripetere, che so, pensando ad un soldato serbo ed una donna bosniaca oppure a un soldato alleato ed una donna irachena dopo un'incursione aerea che ha sterminato il suo villaggio.

Lo so, mi direte che è un dialogo ridicolo, senza senso ne possibilità. Eppure dobbiamo farci delle domande, perché è inutile far finta di niente o all'opposto mettersi contro con tutte le nostre forze, militari e non.

Gli assassini di Woolwich hanno agito in nome del loro Dio, quello della religione musulmana e chiunque viva nel Regno Unito sa che i loro atti non hanno nulla a che vedere con la cultura islamica. Una comunita di persone laboriose e miti che costituiscono una parte importante del tessuto sociale di questo paese.

Gli eventi di Woolwich sono stati definiti un "game changer", un cambio di gioco. Non più azioni organizzate di celle co-ordinate magari anche alla lontana da un'architettura centrale. Sono terroristi fai da te, uno sicuramente cristiano di nascita e non di origine araba. Agiscono sulla base di un messaggio per metà religioso e per metà politico ma sono nati tra noi, certamente più britannici di me che ci vivo da un po' e tanto britannici quanto chiunque sia nato su queste isole. E terrorismo "virale" che si diffonde attraverso la capillarità dei social network che ancora una volta hanno fornito con velocità spaventosa ed accuratezza più che accettabile la cronaca dei sanguinosi fatti.

E' difficile intravedere la soluzione da dentro. Com'è difficile per un pesce capire l'acqua. Eppure ogni tanto una bollicina parte, magari da qualche carcassa in putrefazione sul fondo e ci lascia perplessi mentre l'esperienza che di cio' che ci avvolge cambia.

È vero, la consapevolezza di ciò che accade sul pianeta cresce e purtroppo c'è chi decide di usarla per prendere la strada della barbarie. Dunque, cercheremo di limitare la libera circolazione di informazioni in rete? Sarebbe un'occasione persa. Perché la crescita di consapevolezza delle nostre coscienze e' il seme di un antiterrorismo antitetico a quello di woolwich, fatto da persone che agiscono secondo coscienza, senza bisogno di violenza. Quello delle donne che mercoledì scorso hanno fatto qualcosa che si avvicina a quel dialogo immaginario. Senza avere paura di confortare un giovane ragazzo dilaniato dalla violenza, guardarlo negli occhi mentre si spegne e raccogliere gli ultimi sprazzi della sua grandezza umana. Andando a parlare con uno dei carnefici, dandogli attenzione, trovando un altro essere umano che dietro l'intossicazione di un ego malato, conserva la stessa sostanza vitale di quella vittima.

La terza donna e' quella che ha sparato. Mi piace pensare che abbia sparato cercando di non uccidere ma prendendo un'azione risoluta rispetto ad una situazione così difficile e pericolosa. Perché abbiamo passato mezzo secolo ad incoraggiare le donne a diventare più uguali agli uomini quando forse saremmo noi uomini a doverci avvicinare un bel po' al loro modo di essere.

Esiste solo una cura: l'amore ed il rispetto per la vita umana che non può essere toccata in nome di un Dio personale, che si chiami Allah o petrolio, Brahman o denaro, Geova o scienza o "protezione del nostro modello di vita". Ogn'uno di noi può prendere questa decisione dentro di se' sia quando tutto va bene che di fronte alle avversità. La pace nel mondo non sarà raggiunta per gli atti eroici e risolutivi di una parte (il sedicente bene) contro un'altra (il presunto male). La pace nel mondo sarà una pace virale, una proprietà emergente del pianeta, un salto evolutivo delle nostre coscienze. L’aveva detto Ghandi "Siate il cambiamento che volete vedere nel mondo"

Tuesday 21 May 2013

Il lavoro? Non e' la ricetta...e' la pietanza!

“L’Italia e’ una Repubblica fondata sul lavoro” – Pensando a questa celebre ouverture della nostra costituzione, mi sono posto una domanda...e se fosse una baggianata? Vi prego, sospendete il giudizio, lo so che sembro un eretico a questo punto ma datemi una possibilita'.

La domanda sorge da questo mantra che ci viene propinato in tutte le salse del “bisogna creare nuovi posti di lavoro se vogliamo uscire dalla crisi”.

Io penso che quando i padri costituenti scrissero quel celebre incipit, avevano un’idea di lavoro come realizzazione esterna del potenziale umano celato all’interno di ciascuno di noi. Come possibilita’ per ogni donna ed uomo di questa bella e prosperosa nazione di mettere i propri talenti, qualunque essi siano, e la loro buona volonta’, al servizio del collettivo per prosperare ed esercitare il diritto alla felicita’ (e non solo alla sua ricerca come recitano gli americani).

Questi ideali si sono scontrati con quella che abbiamo l’ardore di chiamare “realta’” ed il fatto che servono piu’ ingegneri che cantanti da top 10 o piu’ spazzini che controllori di volo. Io penso che ci sia un grosso equivoco in questa interpretazione apparentemente plausibile secondo la quale si e’ creata attraverso la competizione, un mercato del lavoro non appena sono emerse le cosiddette "necessita’ dell’umanita’".

A volte ricordare la storia aiuta. Il curriculum scolastico americano diventato il faro del pianeta, fu scritto all’inizio del XX secolo da tre uomini coi seguenti cognomi: Rothschield, Morgan e Rockefeller. Due banchieri ed un petroliere. Come tutte le grandi figure di potere, sicuramente con luci ed ombre ma sicuramente protagonisti di un mondo diverso. Il petrolio era prospettiva di inimmaginabile progresso (come lo e’ stato per una piccola parte del mondo). La finanza poi era ancora un posto in cui un investitore incontrava uno pronto ad indebitarsi per un obiettivo. Il finanziere forniva una visione esperta del rischio ed una forma di affare che fosse ragionevole per le parti.

Dunque, tornando ai nostri tre uomini, essi non erano certamente guidati dall’afflato dei nostri padri costituenti ma per lo meno avevano motivi ragionevoli di pensare che istruire in un certo modo le generazioni future, avrebbe dato luogo ad enormi vantaggi per l’umanita’ (quella fortunata che sarebbe nata nella parte giusta del mondo).

Chi oggi invoca piu’ posti di lavoro e resta legato ai paradigmi vigenti e’ vittima di un grosso equivoco di cui sono consapevoli soprattutto coloro che hanno il minor interesse a risolverlo. L’equivoco risiede nel fatto che il nostro mondo del lavoro e’ il frutto di un sistema educativo che si fa ad una visione del mondo ormai decaduta nell’incombente crisi energetica e nel crollo progressivo del sitema monetario, di economia finanziaria e di economia reale. Equivoco aggravato da un’altra barbarie. Quella di considerare il genere umano come veicolo per la realizzazione di cio che serve ad un sistema elitario di interessi quale l’infrastruttura socio-politico-economica-culturale emersa nell’era del petrolio.. e raccontare che tutto cio’ serva all’umanita’.

“L’Italia e’ una repubblica fondata sul talento umano dei suoi cittadini” – come suona? Alcuni da destra dicono che il diritto al lavoro non esiste...io potrei anche discuterlo seriamente se ci decidiamo a riconoscere il diritto ad esprimere i propri talenti e le proprie passioni. Perche’ cio’ accada, dobbiamo insegnare ad i nostri bambini cose fondamentalmente diverse perche’ il mondo del lavoro sia in un futuro non troppo lontano, la creatura dei nostri talenti e non un mercato al servizio di pochi.  Bisogna riprenderci il nostro destino ed avere il coraggio di mostrare la via.

Il lavoro rende liberi, dicevano ad Aushwitz. Il lavoro nobilita l’uomo, dice chi si riduce ad esso. Il lavoro ti realizza, dice chi vuole ridurti ad esso.

Io dico che il lavoro non e’ una ricetta, e’ la pietanza finita il cui sapore dipende dalla decisione o meno di essere noi stessi. Come individui, come famiglie, come comunita’, come citta’, come nazioni, come pianeta.

Friday 17 May 2013

Una crisi intenzionale, congiunturale e sistemica...quello che nessuno dice

La crisi italiana ha tre qualità che la rendono ostica, infernale ed irrisolvibile all'interno degli schemi di ragionamento dominanti. Questa crisi e':


1. Intenzionale

2. Congiunturale

3. Sistemica

- Intenzionale perché voluta. Nel senso che ce la siamo proprio voluta. Il capitalismo si sa, è competizione per il profitto economico e se accettiamo sospendendo il giudizio, che questo sia un incentivo valido a migliorare il benessere della società, allora dobbiamo ammettere di esserci dedicati davvero poco e male ad esso. La competizione si è invece raccolta sull'accumulo di consensi ed allora la spesa pubblica sale per mantenere consensi, l'evasione si tollera e si condona per mantenere consensi, i privilegi di caste e corporazioni si proteggono per mantenere consensi. E nel frattempo abbiamo perso la competizione globale in massimizzazione del profitto economico. L'abbiamo persa e se non c'è un altro torneo, l'abbiamo persa per sempre.

- Congiunturale perché si è manifestata con l'incontro tra l'incombente problema energetico, l'apertura alla competizione globale di India, Cina e Sud America, la stanchezza degli americani a fare guerre e la capacità dei mercati di speculare. Ah, e non dimentichiamo l'apparato troppo velleitario della moneta unica. Le congiunture accadono sempre, come le coincidenze dei treni (quelle anche meno) che allora non si sa’ perche’ le chiamino proprio coincidenze.

- Sistemica perché qualcuno doveva perdere...la caratteristica di sistemicita' di questa crisi e' quella che la rende irrisolvibile, in Italia nel breve ed altrove nel medio/breve termine. Il modello competitivo prevede che ci siano raggruppamenti che vincono ed altri che perdono con l'illusoria possibilità di passare da una parte all'altra. Dunque esistoni individui, famiglie, comunita’, citta, nazioni o continenti che vincono ed altri che perdono...altrimenti che competizione sarebbe? Se il sistema fosse a somma zero, sarebbe pure concepibile un alternanza nel fare la parte del leone ma la verità, che nessuno racconta, e' molto peggio. La verità e' che il danaro e' debito e solo debito e dunque senza individui, famiglie, comunità, città, regioni e nazioni in debito non ci sarebbe danaro. Questo debito e gravato da interessi che sono al netto di tutti i pagamenti, una quantità di danaro che non esiste neppure teoricamente. E peggio ancora c'è un altra fonte di danaro immaginario generato dal meccanismo del “leverage” e cioè quella regola piuttosto arbitraria per cui chi ha 1 può prestare 10 ma chi contrae 10 deve pagare 10 (più interessi). Questo significa che non è neppure teoricamente possibile che una nazione esca dalla sua situazione debitoria se non a costo di un debito smisuratamente maggiore da qualche altra parte del pianeta...è chi se lo prende questo debito quando l'economia finanziaria del pianeta e' pari a 9 volte il PIL della Terra? Come va coi piani di esplorare galassie sconosciute?

La soluzione non è concepibile nell'ambito degli equilibri attuali eppure continuano a parlare di crescita...investimenti...chimere. Come disse Abraham Maslow: "se il tuo unico strumento e' un martello, tutto comincia a sembrarti un chiodo". È così mi chiedo se l'unica arma e' la crescita, cos'è l'umanità...pasta per pizza? Eppure si sa che ciò che può solo crescere, uccide il sistema che lo ospita. E si sa pure che la vita non e' che un gesto egoistico e vanitoso dell'universo...sic transit gloria mundi.