Ecco, diciamo che siamo francamente incazzati! Dopo aver perso nonni, padri, madri, zii, amici e parenti, trovarci per l'ennesima volta davanti ad un professorone con 40 anni d'esperienza che si prende 400 euro per dirti che può dare a te o a un tuo caro tante sofferenze con poche possibilità di miglioramento, sarebbe francamente davvero seccante. I medici lavorano spesso bene a livello clinico ma la ricerca, permettetemi di dirlo, fa veramente...posso dire: cagare? Ecco, perdonatemi il francesismo ma la ricerca è ormai nelle mani di investitori privati (case farmaceutiche) che ragionano col cashflow e coi profitti. È talmente costosa da lasciar fuori tutto ciò che non sia brevettabile ed è odiosamente redditizia insieme alle produzioni e somministrazioni di massa di farmaci e trattamenti che per chiunque abbia una malattia minimamente avanzata non servono quasi sempre ad un tubo. Per quanto tempo vogliamo continuare a finanziare un sistema autoreferenziale che arricchisce grandi corporazioni e medici senza mai colpa che ha così consistentemente fallito nel suo intento per gli ultimi 50 anni? Dobbiamo davvero essere noi a cominciare a rifiutare le vostre cure inutili mentre ascoltiamo dibattiti strumentali tra metodo stamina e Caterina? Quand'e' che la comunità scientifica avvierà un dibattito serio su alcuni paradigmi di una scienza dell'evidenza in un universo visibile al 15% fatto di energia e permeato da un campo scalare che determina la massa di particelle subatomiche definite da funzioni di probabilità? Ha dunque veramente sempre così tanto senso un bisturi o un topo modificato? Meditate medici, aprite la mente: il vostro più grande limite è già quello di avere una laurea in medicina...con specializzazione. Parlate con fisici, ingegneri, artisti, politologi ed economisti. Fatevi un viaggio in India, una sauna, un clistere, non so cos'altro...ma svegliatevi da questo facile sonno. È ormai ora!
Monday, 30 December 2013
Urca...c'è un topo tra il metodo stamina e Caterina
Che differenza ci sarà tra un topo geneticamente modificato e te? Come mai siamo in grado di curare i topi da laboratorio da quasi tutti i tumori e gli esseri umani quasi da nessuno? Perché quello che funziona su un organismo con oltre il 99% del nostro DNA ed ugualmente dotato di un sistema circolatorio, respiratorio, nervoso, muscolo-scheletrico etc è così drammaticamente inutile su di noi? Le differenze fisiologiche sono troppo piccole per spiegare questo divario e non riesco a fare a meno di pensare che c'è un'altra cosa che differenzia in maniera troppo palese il topo modificato da te. È il fatto che il malcapitato sorcio non sa di essere geneticamente modificato, del fatto che gli è stato impiantato un tumore e che gli somministreranno qualcosa di tossico per vedere come reagirà alle dosi e se il tumore si fermerà o si ridurrà o se addirittura scomparirà. Il topo non sa che la malattia che gli è stata impiantata è attualmente incurabile e che in ogni caso morirà o per il tumore o a causa del farmaco o per essere sezionato nell'accedere alla malattia dopo il trattamento. Il meno malcapitato uomo o donna invece sa, eccome! In altre parole è forse la coscienza a fare la grande differenza tra un topo e te laddove la scienza ufficiale non riesce a dare risposte da oltre 50 anni? La coscienza fu eliminata dall'ambito d'azione della scienza quando Cartesio si mise d'accordo col Papa lasciandogli appunto le coscienze per dedicarsi alla materia. La traduzione di tutto ciò in ambito medico scientifico moderno è l'utilizzo inopportuno della sperimentazione sugli animali ed un'altra cosa che in inglese si chiama "randomised, double blind trial". Ovvero la sperimentazione su esseri umani che si preoccupa in maniera specifica ed ossessiva del problema di eliminare il cosiddetto effetto placebo ovvero la nostra capacità di modificare la fisiologia con l'alterazione dello stato di coscienza attraverso la suggestione. Ma, scusatemi, non sarebbe straordinario manipolare lo stato di coscienza anche nell'ambito del trattamento chimico per capire fino a che punto siamo in grado di invertire meccanismi viziosi per la nostra salute? Insomma, quand'e' che faremo qualcosa di veramente innovativo? Io non lo so ma ad intuito questa mi sembra una grossa pecca della scienza moderna che si ostina a trattare con linearità newtoniana qualcosa di così complesso come l'uomo. Come se io e te fossimo ok, non proprio una palla di biliardo, ma magari un biliardo o nella migliore delle ipotesi un organo complesso da aggiustare senza pensare, se non a posteriori, all'unità del nostro essere. La specializzazione, il metodo analitico di suddividere un problema nelle sue componenti individuali e poi trattarle per sommare alla fine il tutto, non può funzionare. Non funziona per trovare la soluzione generale del semplice problema di tre gravi e dunque non può funzionare per niente di più complicato. D'altro canto "analitico" ha la stessa etimo di "anale" e dunque il metodo analitico consiste nel passare figurativamente il tutto per il buco del culo. Ciò che ne esce è notoriamente poco nobile. D'altra parte a suddividere nelle sue parti individuali qualcosa di vivente, si finisce sempre per ucciderlo no?
Monday, 9 December 2013
Non basta cambiare le persone. Bisogna che le persone cambino...
Se si potesse in un
attimo rendere evidente a tutti gli italiani la verita' che:
- pagare anche il 10% del debito pubblico e' impossibile senza ridurre il paese in poverta';
- abbassare la spesa pubblica e' impossibile senza abbassare il PIL (dunque aumentando rapporto debito/PIL);
- il sistema sul quale si basa l'economia globale e' al collasso a meno di un collasso demografico che gli vada in soccorso (guerre, grandi epidemie, grandi catastrofi);
- l'ambiente e' pronto a ribellarsi contro di noi (vedi punto precedente);
- l'energia del futuro e' l'informazione che sostituisce il petrolio;
- un barile di petrolio risparmiato vale quanto uno comprato;
- tra risparmio energetico, conversione ad industrie a consumo energetico medio basso e sfruttamento di solare, eolico, geotermico, maree e' possibile rendere l'Italia energeticamente quasi autosufficiente...
ci accorgeremmo all'improvviso che legge elettorale, struttura delle istituzioni, giustizia, decadenza, conflitto d'interessi eccetera, sono solo pretesti per occuparsi ad infinitum di temi che scaldano gli egoismi ma risolvono ben poco lasciando fuori chi non fa comodo.
Ci
sono infinite architetture possibili perche' un palazzo si tenga in
piedi e non sara' l'architettura delle istituzioni a renderci meno
corruttibili, piu' produttivi, piu' credibili, piu' meritocratici o piu' felici.
Importano le persone, non solo nel governo o nelle posizioni di
dirigenza ma per la strada e nelle famiglie.
Non
basta cambiare le persone ma bisogna che le persone cambino.
Indipendentemente dalla generazione a cui appartengono e dai vecchi
interessi che a qualunque eta' rappresentano. Anche gli interessi
delle nuove generazioni esistono da sempre ed una volta appartenevano
ai nostri bisnonni.
Bisogna
che le persone cambino e vedano il fatto che non esiste nessuna
ricetta valida per il futuro che non provenga da un buon rapporto con
il presente. Che non c'e' nessuna ricetta valida che derivi dalla
necessita' di preservare il proprio futuro perche' il futuro on esiste se non nella nostra mente e preservare il
proprio futuro e' una forma di paura che e' in ultima analisi paura della morte.
Come
scrive Ivan Tresoldi, “il futuro non e' piu' quello di una volta”
ed oggi dobbiamo imparare a vivere senza riporre nel futuro la
speranza di una condizione migliore.
Perche'
la pace o la felicita' non sta da nessuna parte nel futuro, dobbiamo scovarla ora dentro di noi. Qualora ci riuscissimo, non perderemmo tempo
dietro alla politica o alle carriere e ci dedicheremmo ad amare la
nostra donna o il nostro uomo, i nostri figli, la nostra comunita',
il nostro lavoro e le meraviglie del nostro pianeta.
Se tutti facessimo questo non ci sarebbe sopruso, poverta', discoccupazione, solitudine, angoscia, disperazione. Se tutti facessimo questo, sarebbe tutto troppo noioso per coloro che vedono il cambiamento in battaglie e conquiste che inevitabilmente, con le migliori intenzioni, creeranno perdenti e diseredati pronti a nuove battaglie ed a nuove conquiste.
La nostra felicita' non sta da nessuna parte nel futuro ma e' come quella che si riceve guardando un bel tramonto: ti riempie il cuore ma l'evento non e' di per se "interessante" e per il futuro non assicura niente di cattivo ma neanche di buono. Eppure e' cosi': se si abbandona la paura del futuro, come davanti ad un tramonto, ce n'e' per tutti...
Friday, 15 November 2013
Un Sindaco nuovo...
Disse il bravo giornalista: “Ed ora la parola al
nostro Sindaco”. Lui, un giovanotto rispetto ai precedenti
protagonisti della sala consiliare accetta quel dono. Accetta il
dono della parola e dell'attenzione dei cittadini non senza
imbarazzo. Quasi a volersi scusare per la pazienza di chi ascolta e
facendosi carico della responsabilita' di dire qualcosa di valido.
Un'ora prima, all'inizio dell'evento di presentazione di un libro, lo
stesso giornalista aveva annunciato al suo ingresso: “Entra il
Sindaco” e lui con gli occhi bassi sente l'inutilita' di tanta
pompa, e' lo stesso imbarazzo che si palpa e che e' talmente sano da
far sembrare tutti gli altri dei matti incalliti.
Il Sindaco accoglie l'invito come fosse un neonato e comincia a raccontare quello che ha trovato nel libro. Ci tiene a precisare, quasi scusandosi, che non ha finito ancora di leggerlo. E' un libro sull'amore materno per un figlio. Un amore negato dalle circostanze, una negazione con la quale il protagonista riesce a far pace solo in eta' adulta, con la ragione. Ed il Sindaco racconta di come in quel libro, lui ci abbia trovato qualcosa di diverso dall'amore negato. Lui ci trova, all'opposto, l'amore eterno. Quello che una volta ricevuto non t'abbandona mai e che diventa l'unico strumento che consente al protagonista della storia di diventare uomo davanti alle avversita' del suo percorso.
E poi succede una cosa. Il Sindaco si emoziona, quasi piange perche' toccato dalla storia anche grazie all'interpretazione teatrale di alcune pagine. Addirittura penso che l'autore si sia ispirato alla storia del Sindaco per scrivere il libro. Ma non e' cosi. Scopro che il Sindaco spesso si emoziona, che e' un uomo dall'empatia cosi' prorompente da venire a galla anche di fronte a personaggi fittizi. A dimostrare che niente e mai fittizio quando sgorga dalla creativita' umana.
Castellammare di Stabia, terra di camorra, corruzione, malaffare, indolenza e inefficienza ha un Sindaco in grado di piangere ed io ho visto in questo una forza straordinaria. E come se il percorso del libro si fosse invertito: dal protagonista che da bambino diventa uomo in grado di razionalizzare il suo dolore, troviamo un Sindaco che sa attingere da cio' che resta in lui del bambino e che riempie di emozione un ragionamento. E se fosse proprio questo cio' di cui abbiamo bisogno? Se non e' mai cambiato abbastanza in questa citta' in mano a piu' duri sindaci capipopolo, non e' possibile che un Sindaco “bambino” sia una risposta migliore?
Sono quasi 20 anni che ritorno ma questa volta qualcosa e' cambiato. Castellammare di Stabia, terra senza speranza, ha un capo che sa piangere. Che non parla solo per emozionare la pancia degli elettori ma per emozionarsi. Perche' per cambiare il mondo, dobbiamo copiare la forza dei bambini. Ed i bambini, si sa, sanno piangere...
Il Sindaco accoglie l'invito come fosse un neonato e comincia a raccontare quello che ha trovato nel libro. Ci tiene a precisare, quasi scusandosi, che non ha finito ancora di leggerlo. E' un libro sull'amore materno per un figlio. Un amore negato dalle circostanze, una negazione con la quale il protagonista riesce a far pace solo in eta' adulta, con la ragione. Ed il Sindaco racconta di come in quel libro, lui ci abbia trovato qualcosa di diverso dall'amore negato. Lui ci trova, all'opposto, l'amore eterno. Quello che una volta ricevuto non t'abbandona mai e che diventa l'unico strumento che consente al protagonista della storia di diventare uomo davanti alle avversita' del suo percorso.
E poi succede una cosa. Il Sindaco si emoziona, quasi piange perche' toccato dalla storia anche grazie all'interpretazione teatrale di alcune pagine. Addirittura penso che l'autore si sia ispirato alla storia del Sindaco per scrivere il libro. Ma non e' cosi. Scopro che il Sindaco spesso si emoziona, che e' un uomo dall'empatia cosi' prorompente da venire a galla anche di fronte a personaggi fittizi. A dimostrare che niente e mai fittizio quando sgorga dalla creativita' umana.
Castellammare di Stabia, terra di camorra, corruzione, malaffare, indolenza e inefficienza ha un Sindaco in grado di piangere ed io ho visto in questo una forza straordinaria. E come se il percorso del libro si fosse invertito: dal protagonista che da bambino diventa uomo in grado di razionalizzare il suo dolore, troviamo un Sindaco che sa attingere da cio' che resta in lui del bambino e che riempie di emozione un ragionamento. E se fosse proprio questo cio' di cui abbiamo bisogno? Se non e' mai cambiato abbastanza in questa citta' in mano a piu' duri sindaci capipopolo, non e' possibile che un Sindaco “bambino” sia una risposta migliore?
Sono quasi 20 anni che ritorno ma questa volta qualcosa e' cambiato. Castellammare di Stabia, terra senza speranza, ha un capo che sa piangere. Che non parla solo per emozionare la pancia degli elettori ma per emozionarsi. Perche' per cambiare il mondo, dobbiamo copiare la forza dei bambini. Ed i bambini, si sa, sanno piangere...
Wednesday, 25 September 2013
La morte termodinamica della politica...
Cos'è successo alla politica? Abbiamo una classe dirigente corrotta? Meccanismi inefficaci di selezione dei politici? Sono solo espressione del paese? È colpa della burocrazia? Una costituzione vecchia?
Dai suoi albori, in democrazia si sono avvicendati "progressisti" e "conservatori". I primi a spingere verso una società più integrata e gli altri a contenere questo istinto da pericolosi eccessi. Mi sembrano atteggiamenti ambedue tenibili...ma si sa che i progressisti di oggi sono i conservatori di domani, i guardiani di quel che è stato ottenuto contro chi vuglia andare addirittura oltre.
Questo ruolo di bilanciamento reciproco è salutare ma a sentire Obama parlare di guerre ed il futuro leader del PD di un partito "cool", ci sembra che si sia davvero appiattito tutto. Ci sembra che PD e PDL (ora Forza Italia) siano due attori che prendono a turno il ruolo di protagonista e di spalla nella tragedia, spesso comica dell'ormai simbolico dibattito pubblico italiano. Ad ascoltare invece Papa Francesco, si sente parlare dei mali del denaro, dell'apertura a un gay che cerca Dio, della necessità di rendere ai paesi sottosviluppati l'uso delle loro risorse per sollevarsi dalla loro povertà. No, non dico che sia un leader progressista, non potrebbe rientrare nel cerchio ormai puntiforme della politica.
È solo che la politica è diventata insufficiente ad alimentare l'evoluzione umana. A furia di girare la manovella, la differenza di potenziale tra destra e sinistra si è azzerata e questo può essere un bene se sappiamo riconoscerlo. Se sappiamo abbracciare la verità che il prossimo passo per l'umanità ha i connotati del risveglio spirituale piuttosto che la battaglia per un insieme di valori. Ed ogni religione può esserne veicolo inclusa la scienza e l'ateismo (ambedue strutture altamente dogmatiche) ma attraverso la loro demistificazione e la possibilità di dimenticare tutto ciò che abbiamo imparato. Perché cio' che abbiamo imparato fin qui', ha fatto il suo corso.
Non è nichilismo, non è un invito ad una societa' subculturale. È pienezza della vita e conoscenza, è amore di te stesso per poter amare il prossimo nell'unica maniera che abbia un senso. Senza la sovrastruttura del profitto e la logica dell'interesse. Senza l'ethos della competizione che non sia quella con se stessi a migliorarci nella nostra unicità.
E la politica? La politica non servirebbe più, basterebbe l'amministrazione. L'implementazione di ciò che il popolo desidera. Non gli abili oratori in grado di spiegare alla gente che cosa stanno cercando di fare. Ma abili esecutori di quel poco di cui, di volta in volta, la gente ha bisogno per se è per il futuro dei nostri figli.
Dai suoi albori, in democrazia si sono avvicendati "progressisti" e "conservatori". I primi a spingere verso una società più integrata e gli altri a contenere questo istinto da pericolosi eccessi. Mi sembrano atteggiamenti ambedue tenibili...ma si sa che i progressisti di oggi sono i conservatori di domani, i guardiani di quel che è stato ottenuto contro chi vuglia andare addirittura oltre.
Questo ruolo di bilanciamento reciproco è salutare ma a sentire Obama parlare di guerre ed il futuro leader del PD di un partito "cool", ci sembra che si sia davvero appiattito tutto. Ci sembra che PD e PDL (ora Forza Italia) siano due attori che prendono a turno il ruolo di protagonista e di spalla nella tragedia, spesso comica dell'ormai simbolico dibattito pubblico italiano. Ad ascoltare invece Papa Francesco, si sente parlare dei mali del denaro, dell'apertura a un gay che cerca Dio, della necessità di rendere ai paesi sottosviluppati l'uso delle loro risorse per sollevarsi dalla loro povertà. No, non dico che sia un leader progressista, non potrebbe rientrare nel cerchio ormai puntiforme della politica.
È solo che la politica è diventata insufficiente ad alimentare l'evoluzione umana. A furia di girare la manovella, la differenza di potenziale tra destra e sinistra si è azzerata e questo può essere un bene se sappiamo riconoscerlo. Se sappiamo abbracciare la verità che il prossimo passo per l'umanità ha i connotati del risveglio spirituale piuttosto che la battaglia per un insieme di valori. Ed ogni religione può esserne veicolo inclusa la scienza e l'ateismo (ambedue strutture altamente dogmatiche) ma attraverso la loro demistificazione e la possibilità di dimenticare tutto ciò che abbiamo imparato. Perché cio' che abbiamo imparato fin qui', ha fatto il suo corso.
Non è nichilismo, non è un invito ad una societa' subculturale. È pienezza della vita e conoscenza, è amore di te stesso per poter amare il prossimo nell'unica maniera che abbia un senso. Senza la sovrastruttura del profitto e la logica dell'interesse. Senza l'ethos della competizione che non sia quella con se stessi a migliorarci nella nostra unicità.
E la politica? La politica non servirebbe più, basterebbe l'amministrazione. L'implementazione di ciò che il popolo desidera. Non gli abili oratori in grado di spiegare alla gente che cosa stanno cercando di fare. Ma abili esecutori di quel poco di cui, di volta in volta, la gente ha bisogno per se è per il futuro dei nostri figli.
Monday, 10 June 2013
Asciugare la biancheria a secchiate d'acqua - Lettera aperta ai conduttori di talk-show politici
Gentili giornalisti/conduttori di talk-show politici,
La domanda nasce spontanea: cosa aspettate a raccontare durante i vostri seguitissimi programmi quale sia il vero problema? Smetterete di far finta che sia troppo complicato da spiegare o di aver paura che la gente s’impressioni a sentirlo?
L’unico valido tentativo di dirla questa verita’ va riconosciuto a Gianluigi Paragone che in l’ultimaparola (sempre relegata alle ore piccole) ha cercato di spiegarlo ma forse con risonanza purtroppo limitata a chi l’ha gia’ capito.
Gli altri li ho sentiti pronunciare a piu’ tornate il seguente proposito: “questo punto e’ importante, vorrei dedicare una intera puntata a questo”...ma la puntata non si e’ mai vista e con l’effetto di deviare ogni volta chi magari cercava di parlarne.
Il punto della situazione economica italiana, europea e globale e’ semplice: tutto il sistema economico si e’ tramutato in un parodosso o truffa conclamata dal momento in cui la produzione annua di petrolio e’ scesa al di sotto del consumo annuo. Sia per diminuzione delle risorse che per aumento globale dei consumi.
La conseguenza e’ che il sistema economico espansivo che si alimenta di debito ha smesso di funzionare. I passi da spiegare sono semplici:
1. Se una banca centrale e’ l’unica ad emettere moneta sotto forma di debito degli stati, ne consegue che tutto il danaro e’ debito e che senza debito non ci sarebbe danaro in circolazione. Dunque non c’e’ alcuna possibilita’ tecnica che i debiti si saldino se vogliamo continuare ad avere un sistema monetario disegnato cosi’.
2. La situazione e’ peggiore di quanto descritto al punto 1. in quanto questi debiti sono gravati da interesse che e’ una quantita’ di danaro mai immessa nel sistema economico reale e dunque impossibili da pagare.
3. La situazione e’ peggiore di quanto descritto in 1. e 2. in quanto persino le banche private inventano danaro che non e’ mai stato partorito attraverso il concetto di leverage. Per fare i numeri facili, una banca che ha 10 puo’ prestare 100 e dunque per ogni 100 euro di mutuo la banca in realta’ ne ha messi solo 10 e gli altri 90 li ha scritti al computer (letteralmente). Tu pero’ devi pagarli davvero guadagnandoteli con il lavoro (a meno che sei uno speculatore finanziario).
La conseguenza e’ che, per esempio, affinche’ l’Italia paghi tutti i suoi debiti, qualcuno da qualche parte deve indebitarsi di una quantita’ di danaro enormemente superiore perche’ il sistema si tenga in piedi.
Il giochetto dei punti di cui sopra era in passato sostenuto dall’espansione continua dell’economia che viene pertanto un po' invocata come unico sistema per salvare capra e cavoli. Ma e' come asciugare la biancheria a secchiate d'acqua: la crescita veniva da una scommessa ragionevole futura che la vera valuta del sistema, continuasse a sua volta a crescere. E qual’e’ questa valuta? Il greggio e’ il sangue nero di questa bestia un po’ moribonda che cerchiamo di salvare (in vano, ovviamente, con quello che non c'e').
Non e’ la fine del mondo, e’ solo la fine dell’era del petrolio e non possiamo perdere tempo dietro a chi l’ha cavalcata e vuole assicurarsi di poter fare ancora la parte del leone quando finalmente c’inventeremo qualcosa di diverso. Le soluzioni ci sono ma prima ancora, occorre intraprendere la strada della verita’ e voi giornalisti avete il dovere di raccontarla. Sarebbe un bel toccasana per farci smettere con le inutili beghe di leadership, leggine, bunga-bunga e scontrini.
La verita’ e’ quella che dovete raccontare e spero che con la pausa estiva, vi ritorni la voglia di farlo.
Cordialmente,
Giuseppe Conte
La domanda nasce spontanea: cosa aspettate a raccontare durante i vostri seguitissimi programmi quale sia il vero problema? Smetterete di far finta che sia troppo complicato da spiegare o di aver paura che la gente s’impressioni a sentirlo?
L’unico valido tentativo di dirla questa verita’ va riconosciuto a Gianluigi Paragone che in l’ultimaparola (sempre relegata alle ore piccole) ha cercato di spiegarlo ma forse con risonanza purtroppo limitata a chi l’ha gia’ capito.
Gli altri li ho sentiti pronunciare a piu’ tornate il seguente proposito: “questo punto e’ importante, vorrei dedicare una intera puntata a questo”...ma la puntata non si e’ mai vista e con l’effetto di deviare ogni volta chi magari cercava di parlarne.
Il punto della situazione economica italiana, europea e globale e’ semplice: tutto il sistema economico si e’ tramutato in un parodosso o truffa conclamata dal momento in cui la produzione annua di petrolio e’ scesa al di sotto del consumo annuo. Sia per diminuzione delle risorse che per aumento globale dei consumi.
La conseguenza e’ che il sistema economico espansivo che si alimenta di debito ha smesso di funzionare. I passi da spiegare sono semplici:
1. Se una banca centrale e’ l’unica ad emettere moneta sotto forma di debito degli stati, ne consegue che tutto il danaro e’ debito e che senza debito non ci sarebbe danaro in circolazione. Dunque non c’e’ alcuna possibilita’ tecnica che i debiti si saldino se vogliamo continuare ad avere un sistema monetario disegnato cosi’.
2. La situazione e’ peggiore di quanto descritto al punto 1. in quanto questi debiti sono gravati da interesse che e’ una quantita’ di danaro mai immessa nel sistema economico reale e dunque impossibili da pagare.
3. La situazione e’ peggiore di quanto descritto in 1. e 2. in quanto persino le banche private inventano danaro che non e’ mai stato partorito attraverso il concetto di leverage. Per fare i numeri facili, una banca che ha 10 puo’ prestare 100 e dunque per ogni 100 euro di mutuo la banca in realta’ ne ha messi solo 10 e gli altri 90 li ha scritti al computer (letteralmente). Tu pero’ devi pagarli davvero guadagnandoteli con il lavoro (a meno che sei uno speculatore finanziario).
La conseguenza e’ che, per esempio, affinche’ l’Italia paghi tutti i suoi debiti, qualcuno da qualche parte deve indebitarsi di una quantita’ di danaro enormemente superiore perche’ il sistema si tenga in piedi.
Il giochetto dei punti di cui sopra era in passato sostenuto dall’espansione continua dell’economia che viene pertanto un po' invocata come unico sistema per salvare capra e cavoli. Ma e' come asciugare la biancheria a secchiate d'acqua: la crescita veniva da una scommessa ragionevole futura che la vera valuta del sistema, continuasse a sua volta a crescere. E qual’e’ questa valuta? Il greggio e’ il sangue nero di questa bestia un po’ moribonda che cerchiamo di salvare (in vano, ovviamente, con quello che non c'e').
Non e’ la fine del mondo, e’ solo la fine dell’era del petrolio e non possiamo perdere tempo dietro a chi l’ha cavalcata e vuole assicurarsi di poter fare ancora la parte del leone quando finalmente c’inventeremo qualcosa di diverso. Le soluzioni ci sono ma prima ancora, occorre intraprendere la strada della verita’ e voi giornalisti avete il dovere di raccontarla. Sarebbe un bel toccasana per farci smettere con le inutili beghe di leadership, leggine, bunga-bunga e scontrini.
La verita’ e’ quella che dovete raccontare e spero che con la pausa estiva, vi ritorni la voglia di farlo.
Cordialmente,
Giuseppe Conte
Saturday, 25 May 2013
Viral peace...
Man: “woman, I apologise that you have to see this violent death”
Woman: “I know”
Man: “so, what do you want?”
Woman: “I only want to comfort your victim but also, I wanted to tell you that I love your humanity which doesn’t fade even in the shade of your barbaric and horrendous act”
This imaginary dialogue between a murderer and a passer-by in the streets of London could also be thought of as a dialogue between a Serbian soldier and a Bosnian woman. Or between an allied soldier and an Iraqi woman after an air raid that has obliterated her village.
The Woolwich murderers say they have acted in name of their God, the God of Islam and anyone who lives in the UK knows that their acts have nothing to do with the Muslim community, culture or religion. They are nothing less than a community of hard working, peaceful people who make up a fundamental part of the British social fabric.
The events in Woolwich have been defined a game changer. No longer organised action from terrorist cells co-ordinated, albeit loosely, from a central architecture. But rather spontaneous action based on a message that is partly religious and partly political. From people who were born among us, as British as it gets. This is the viral version of terror that spreads through the social networks that once again have provided fastest information with fairly reasonable accuracy regarding the bloody events of last Wednesday.
It is difficult to see a way out from within. Like is difficult for a fish to understand water. And yet, every now and then, a tiny bubble rises, perhaps from the carcass of decomposing stuff on the sea bed. And it leaves us perplexed while the experience of what envelopes us, changes.
It’s true. The visibility of what happens on the planet grows and unfortunately there are those who decide to use it to take the barbaric route. So, should we try to limit the free circulation of information on the net? It would be a missed opportunity. Because the growth of our aware consciousness is the seed of the only counter-terrorism that can dissolve what we recently saw in Woolwich.
That is the counter-terrorism demonstrated by few women on the crime scene. With no fear to comfort a young man violently brutalised, looking straight into his eyes while he fades away and grasping the last glimpses of his human greatness. With no fear to speak with one of the murderers, giving him attention, finding another human being who, behind the intoxication of a sick ego, still holds the same vital substance of his victim.
The third woman is the one who took the first shot. I like to think that she tried not to kill while taking resolute action in the face of a dangerous circumstance. I like to think so because in the name of parity we have spent half a century pushing women to become the same as men. Parity is right but it should be us men who’d need to approach the ways of the other sex.
There is only one cure: love and kindness towards human life which can’t be touched in the name of a personal God. May we call him Allah or oil, Brahman or money, Jehovah or science or even “protection of our way of life”. Everyone can take this decision within oneself when things are easy as well as in the face of adversity. World peace will not be achieved through the actions and resolve of a part (a self proclaimed “good”) against another (the presumed “evil”). World peace will be an emerging property of the planet, an evolutionary leap of our consciousness. It will be a viral peace. Ghandi said it “be the change you want to see in the world”. RIP Drummer Lee Rigby.
Woman: “I know”
Man: “so, what do you want?”
Woman: “I only want to comfort your victim but also, I wanted to tell you that I love your humanity which doesn’t fade even in the shade of your barbaric and horrendous act”
This imaginary dialogue between a murderer and a passer-by in the streets of London could also be thought of as a dialogue between a Serbian soldier and a Bosnian woman. Or between an allied soldier and an Iraqi woman after an air raid that has obliterated her village.
The Woolwich murderers say they have acted in name of their God, the God of Islam and anyone who lives in the UK knows that their acts have nothing to do with the Muslim community, culture or religion. They are nothing less than a community of hard working, peaceful people who make up a fundamental part of the British social fabric.
The events in Woolwich have been defined a game changer. No longer organised action from terrorist cells co-ordinated, albeit loosely, from a central architecture. But rather spontaneous action based on a message that is partly religious and partly political. From people who were born among us, as British as it gets. This is the viral version of terror that spreads through the social networks that once again have provided fastest information with fairly reasonable accuracy regarding the bloody events of last Wednesday.
It is difficult to see a way out from within. Like is difficult for a fish to understand water. And yet, every now and then, a tiny bubble rises, perhaps from the carcass of decomposing stuff on the sea bed. And it leaves us perplexed while the experience of what envelopes us, changes.
It’s true. The visibility of what happens on the planet grows and unfortunately there are those who decide to use it to take the barbaric route. So, should we try to limit the free circulation of information on the net? It would be a missed opportunity. Because the growth of our aware consciousness is the seed of the only counter-terrorism that can dissolve what we recently saw in Woolwich.
That is the counter-terrorism demonstrated by few women on the crime scene. With no fear to comfort a young man violently brutalised, looking straight into his eyes while he fades away and grasping the last glimpses of his human greatness. With no fear to speak with one of the murderers, giving him attention, finding another human being who, behind the intoxication of a sick ego, still holds the same vital substance of his victim.
The third woman is the one who took the first shot. I like to think that she tried not to kill while taking resolute action in the face of a dangerous circumstance. I like to think so because in the name of parity we have spent half a century pushing women to become the same as men. Parity is right but it should be us men who’d need to approach the ways of the other sex.
There is only one cure: love and kindness towards human life which can’t be touched in the name of a personal God. May we call him Allah or oil, Brahman or money, Jehovah or science or even “protection of our way of life”. Everyone can take this decision within oneself when things are easy as well as in the face of adversity. World peace will not be achieved through the actions and resolve of a part (a self proclaimed “good”) against another (the presumed “evil”). World peace will be an emerging property of the planet, an evolutionary leap of our consciousness. It will be a viral peace. Ghandi said it “be the change you want to see in the world”. RIP Drummer Lee Rigby.
Friday, 24 May 2013
La pace virale...
Uomo: “donna, mi dispiace tu debba vedere questa morte violenta”
Donna: “lo so”
Uomo: “allora cosa vuoi”
Donna: “voglio solo confortare la tua vittima ma prima volevo dirti che ti voglio bene per la tua umanità che neppure il tuo atto barbarico e' riuscito a sbiadire”
Questo dialogo immaginario tra un assassino nelle strade di Londra ed una donna, si potrebbe ripetere, che so, pensando ad un soldato serbo ed una donna bosniaca oppure a un soldato alleato ed una donna irachena dopo un'incursione aerea che ha sterminato il suo villaggio.
Lo so, mi direte che è un dialogo ridicolo, senza senso ne possibilità. Eppure dobbiamo farci delle domande, perché è inutile far finta di niente o all'opposto mettersi contro con tutte le nostre forze, militari e non.
Gli assassini di Woolwich hanno agito in nome del loro Dio, quello della religione musulmana e chiunque viva nel Regno Unito sa che i loro atti non hanno nulla a che vedere con la cultura islamica. Una comunita di persone laboriose e miti che costituiscono una parte importante del tessuto sociale di questo paese.
Gli eventi di Woolwich sono stati definiti un "game changer", un cambio di gioco. Non più azioni organizzate di celle co-ordinate magari anche alla lontana da un'architettura centrale. Sono terroristi fai da te, uno sicuramente cristiano di nascita e non di origine araba. Agiscono sulla base di un messaggio per metà religioso e per metà politico ma sono nati tra noi, certamente più britannici di me che ci vivo da un po' e tanto britannici quanto chiunque sia nato su queste isole. E terrorismo "virale" che si diffonde attraverso la capillarità dei social network che ancora una volta hanno fornito con velocità spaventosa ed accuratezza più che accettabile la cronaca dei sanguinosi fatti.
E' difficile intravedere la soluzione da dentro. Com'è difficile per un pesce capire l'acqua. Eppure ogni tanto una bollicina parte, magari da qualche carcassa in putrefazione sul fondo e ci lascia perplessi mentre l'esperienza che di cio' che ci avvolge cambia.
È vero, la consapevolezza di ciò che accade sul pianeta cresce e purtroppo c'è chi decide di usarla per prendere la strada della barbarie. Dunque, cercheremo di limitare la libera circolazione di informazioni in rete? Sarebbe un'occasione persa. Perché la crescita di consapevolezza delle nostre coscienze e' il seme di un antiterrorismo antitetico a quello di woolwich, fatto da persone che agiscono secondo coscienza, senza bisogno di violenza. Quello delle donne che mercoledì scorso hanno fatto qualcosa che si avvicina a quel dialogo immaginario. Senza avere paura di confortare un giovane ragazzo dilaniato dalla violenza, guardarlo negli occhi mentre si spegne e raccogliere gli ultimi sprazzi della sua grandezza umana. Andando a parlare con uno dei carnefici, dandogli attenzione, trovando un altro essere umano che dietro l'intossicazione di un ego malato, conserva la stessa sostanza vitale di quella vittima.
La terza donna e' quella che ha sparato. Mi piace pensare che abbia sparato cercando di non uccidere ma prendendo un'azione risoluta rispetto ad una situazione così difficile e pericolosa. Perché abbiamo passato mezzo secolo ad incoraggiare le donne a diventare più uguali agli uomini quando forse saremmo noi uomini a doverci avvicinare un bel po' al loro modo di essere.
Esiste solo una cura: l'amore ed il rispetto per la vita umana che non può essere toccata in nome di un Dio personale, che si chiami Allah o petrolio, Brahman o denaro, Geova o scienza o "protezione del nostro modello di vita". Ogn'uno di noi può prendere questa decisione dentro di se' sia quando tutto va bene che di fronte alle avversità. La pace nel mondo non sarà raggiunta per gli atti eroici e risolutivi di una parte (il sedicente bene) contro un'altra (il presunto male). La pace nel mondo sarà una pace virale, una proprietà emergente del pianeta, un salto evolutivo delle nostre coscienze. L’aveva detto Ghandi "Siate il cambiamento che volete vedere nel mondo"
Donna: “lo so”
Uomo: “allora cosa vuoi”
Donna: “voglio solo confortare la tua vittima ma prima volevo dirti che ti voglio bene per la tua umanità che neppure il tuo atto barbarico e' riuscito a sbiadire”
Questo dialogo immaginario tra un assassino nelle strade di Londra ed una donna, si potrebbe ripetere, che so, pensando ad un soldato serbo ed una donna bosniaca oppure a un soldato alleato ed una donna irachena dopo un'incursione aerea che ha sterminato il suo villaggio.
Lo so, mi direte che è un dialogo ridicolo, senza senso ne possibilità. Eppure dobbiamo farci delle domande, perché è inutile far finta di niente o all'opposto mettersi contro con tutte le nostre forze, militari e non.
Gli assassini di Woolwich hanno agito in nome del loro Dio, quello della religione musulmana e chiunque viva nel Regno Unito sa che i loro atti non hanno nulla a che vedere con la cultura islamica. Una comunita di persone laboriose e miti che costituiscono una parte importante del tessuto sociale di questo paese.
Gli eventi di Woolwich sono stati definiti un "game changer", un cambio di gioco. Non più azioni organizzate di celle co-ordinate magari anche alla lontana da un'architettura centrale. Sono terroristi fai da te, uno sicuramente cristiano di nascita e non di origine araba. Agiscono sulla base di un messaggio per metà religioso e per metà politico ma sono nati tra noi, certamente più britannici di me che ci vivo da un po' e tanto britannici quanto chiunque sia nato su queste isole. E terrorismo "virale" che si diffonde attraverso la capillarità dei social network che ancora una volta hanno fornito con velocità spaventosa ed accuratezza più che accettabile la cronaca dei sanguinosi fatti.
E' difficile intravedere la soluzione da dentro. Com'è difficile per un pesce capire l'acqua. Eppure ogni tanto una bollicina parte, magari da qualche carcassa in putrefazione sul fondo e ci lascia perplessi mentre l'esperienza che di cio' che ci avvolge cambia.
È vero, la consapevolezza di ciò che accade sul pianeta cresce e purtroppo c'è chi decide di usarla per prendere la strada della barbarie. Dunque, cercheremo di limitare la libera circolazione di informazioni in rete? Sarebbe un'occasione persa. Perché la crescita di consapevolezza delle nostre coscienze e' il seme di un antiterrorismo antitetico a quello di woolwich, fatto da persone che agiscono secondo coscienza, senza bisogno di violenza. Quello delle donne che mercoledì scorso hanno fatto qualcosa che si avvicina a quel dialogo immaginario. Senza avere paura di confortare un giovane ragazzo dilaniato dalla violenza, guardarlo negli occhi mentre si spegne e raccogliere gli ultimi sprazzi della sua grandezza umana. Andando a parlare con uno dei carnefici, dandogli attenzione, trovando un altro essere umano che dietro l'intossicazione di un ego malato, conserva la stessa sostanza vitale di quella vittima.
La terza donna e' quella che ha sparato. Mi piace pensare che abbia sparato cercando di non uccidere ma prendendo un'azione risoluta rispetto ad una situazione così difficile e pericolosa. Perché abbiamo passato mezzo secolo ad incoraggiare le donne a diventare più uguali agli uomini quando forse saremmo noi uomini a doverci avvicinare un bel po' al loro modo di essere.
Esiste solo una cura: l'amore ed il rispetto per la vita umana che non può essere toccata in nome di un Dio personale, che si chiami Allah o petrolio, Brahman o denaro, Geova o scienza o "protezione del nostro modello di vita". Ogn'uno di noi può prendere questa decisione dentro di se' sia quando tutto va bene che di fronte alle avversità. La pace nel mondo non sarà raggiunta per gli atti eroici e risolutivi di una parte (il sedicente bene) contro un'altra (il presunto male). La pace nel mondo sarà una pace virale, una proprietà emergente del pianeta, un salto evolutivo delle nostre coscienze. L’aveva detto Ghandi "Siate il cambiamento che volete vedere nel mondo"
Tuesday, 21 May 2013
Il lavoro? Non e' la ricetta...e' la pietanza!
“L’Italia e’ una Repubblica fondata sul lavoro” – Pensando a questa celebre ouverture della nostra costituzione, mi sono posto una domanda...e se fosse una baggianata? Vi prego, sospendete il giudizio, lo so che sembro un eretico a questo punto ma datemi una possibilita'.
La domanda sorge da questo mantra che ci viene propinato in tutte le salse del “bisogna creare nuovi posti di lavoro se vogliamo uscire dalla crisi”.
Io penso che quando i padri costituenti scrissero quel celebre incipit, avevano un’idea di lavoro come realizzazione esterna del potenziale umano celato all’interno di ciascuno di noi. Come possibilita’ per ogni donna ed uomo di questa bella e prosperosa nazione di mettere i propri talenti, qualunque essi siano, e la loro buona volonta’, al servizio del collettivo per prosperare ed esercitare il diritto alla felicita’ (e non solo alla sua ricerca come recitano gli americani).
Questi ideali si sono scontrati con quella che abbiamo l’ardore di chiamare “realta’” ed il fatto che servono piu’ ingegneri che cantanti da top 10 o piu’ spazzini che controllori di volo. Io penso che ci sia un grosso equivoco in questa interpretazione apparentemente plausibile secondo la quale si e’ creata attraverso la competizione, un mercato del lavoro non appena sono emerse le cosiddette "necessita’ dell’umanita’".
A volte ricordare la storia aiuta. Il curriculum scolastico americano diventato il faro del pianeta, fu scritto all’inizio del XX secolo da tre uomini coi seguenti cognomi: Rothschield, Morgan e Rockefeller. Due banchieri ed un petroliere. Come tutte le grandi figure di potere, sicuramente con luci ed ombre ma sicuramente protagonisti di un mondo diverso. Il petrolio era prospettiva di inimmaginabile progresso (come lo e’ stato per una piccola parte del mondo). La finanza poi era ancora un posto in cui un investitore incontrava uno pronto ad indebitarsi per un obiettivo. Il finanziere forniva una visione esperta del rischio ed una forma di affare che fosse ragionevole per le parti.
Dunque, tornando ai nostri tre uomini, essi non erano certamente guidati dall’afflato dei nostri padri costituenti ma per lo meno avevano motivi ragionevoli di pensare che istruire in un certo modo le generazioni future, avrebbe dato luogo ad enormi vantaggi per l’umanita’ (quella fortunata che sarebbe nata nella parte giusta del mondo).
Chi oggi invoca piu’ posti di lavoro e resta legato ai paradigmi vigenti e’ vittima di un grosso equivoco di cui sono consapevoli soprattutto coloro che hanno il minor interesse a risolverlo. L’equivoco risiede nel fatto che il nostro mondo del lavoro e’ il frutto di un sistema educativo che si fa ad una visione del mondo ormai decaduta nell’incombente crisi energetica e nel crollo progressivo del sitema monetario, di economia finanziaria e di economia reale. Equivoco aggravato da un’altra barbarie. Quella di considerare il genere umano come veicolo per la realizzazione di cio che serve ad un sistema elitario di interessi quale l’infrastruttura socio-politico-economica-culturale emersa nell’era del petrolio.. e raccontare che tutto cio’ serva all’umanita’.
“L’Italia e’ una repubblica fondata sul talento umano dei suoi cittadini” – come suona? Alcuni da destra dicono che il diritto al lavoro non esiste...io potrei anche discuterlo seriamente se ci decidiamo a riconoscere il diritto ad esprimere i propri talenti e le proprie passioni. Perche’ cio’ accada, dobbiamo insegnare ad i nostri bambini cose fondamentalmente diverse perche’ il mondo del lavoro sia in un futuro non troppo lontano, la creatura dei nostri talenti e non un mercato al servizio di pochi. Bisogna riprenderci il nostro destino ed avere il coraggio di mostrare la via.
Il lavoro rende liberi, dicevano ad Aushwitz. Il lavoro nobilita l’uomo, dice chi si riduce ad esso. Il lavoro ti realizza, dice chi vuole ridurti ad esso.
Io dico che il lavoro non e’ una ricetta, e’ la pietanza finita il cui sapore dipende dalla decisione o meno di essere noi stessi. Come individui, come famiglie, come comunita’, come citta’, come nazioni, come pianeta.
La domanda sorge da questo mantra che ci viene propinato in tutte le salse del “bisogna creare nuovi posti di lavoro se vogliamo uscire dalla crisi”.
Io penso che quando i padri costituenti scrissero quel celebre incipit, avevano un’idea di lavoro come realizzazione esterna del potenziale umano celato all’interno di ciascuno di noi. Come possibilita’ per ogni donna ed uomo di questa bella e prosperosa nazione di mettere i propri talenti, qualunque essi siano, e la loro buona volonta’, al servizio del collettivo per prosperare ed esercitare il diritto alla felicita’ (e non solo alla sua ricerca come recitano gli americani).
Questi ideali si sono scontrati con quella che abbiamo l’ardore di chiamare “realta’” ed il fatto che servono piu’ ingegneri che cantanti da top 10 o piu’ spazzini che controllori di volo. Io penso che ci sia un grosso equivoco in questa interpretazione apparentemente plausibile secondo la quale si e’ creata attraverso la competizione, un mercato del lavoro non appena sono emerse le cosiddette "necessita’ dell’umanita’".
A volte ricordare la storia aiuta. Il curriculum scolastico americano diventato il faro del pianeta, fu scritto all’inizio del XX secolo da tre uomini coi seguenti cognomi: Rothschield, Morgan e Rockefeller. Due banchieri ed un petroliere. Come tutte le grandi figure di potere, sicuramente con luci ed ombre ma sicuramente protagonisti di un mondo diverso. Il petrolio era prospettiva di inimmaginabile progresso (come lo e’ stato per una piccola parte del mondo). La finanza poi era ancora un posto in cui un investitore incontrava uno pronto ad indebitarsi per un obiettivo. Il finanziere forniva una visione esperta del rischio ed una forma di affare che fosse ragionevole per le parti.
Dunque, tornando ai nostri tre uomini, essi non erano certamente guidati dall’afflato dei nostri padri costituenti ma per lo meno avevano motivi ragionevoli di pensare che istruire in un certo modo le generazioni future, avrebbe dato luogo ad enormi vantaggi per l’umanita’ (quella fortunata che sarebbe nata nella parte giusta del mondo).
Chi oggi invoca piu’ posti di lavoro e resta legato ai paradigmi vigenti e’ vittima di un grosso equivoco di cui sono consapevoli soprattutto coloro che hanno il minor interesse a risolverlo. L’equivoco risiede nel fatto che il nostro mondo del lavoro e’ il frutto di un sistema educativo che si fa ad una visione del mondo ormai decaduta nell’incombente crisi energetica e nel crollo progressivo del sitema monetario, di economia finanziaria e di economia reale. Equivoco aggravato da un’altra barbarie. Quella di considerare il genere umano come veicolo per la realizzazione di cio che serve ad un sistema elitario di interessi quale l’infrastruttura socio-politico-economica-culturale emersa nell’era del petrolio.. e raccontare che tutto cio’ serva all’umanita’.
“L’Italia e’ una repubblica fondata sul talento umano dei suoi cittadini” – come suona? Alcuni da destra dicono che il diritto al lavoro non esiste...io potrei anche discuterlo seriamente se ci decidiamo a riconoscere il diritto ad esprimere i propri talenti e le proprie passioni. Perche’ cio’ accada, dobbiamo insegnare ad i nostri bambini cose fondamentalmente diverse perche’ il mondo del lavoro sia in un futuro non troppo lontano, la creatura dei nostri talenti e non un mercato al servizio di pochi. Bisogna riprenderci il nostro destino ed avere il coraggio di mostrare la via.
Il lavoro rende liberi, dicevano ad Aushwitz. Il lavoro nobilita l’uomo, dice chi si riduce ad esso. Il lavoro ti realizza, dice chi vuole ridurti ad esso.
Io dico che il lavoro non e’ una ricetta, e’ la pietanza finita il cui sapore dipende dalla decisione o meno di essere noi stessi. Come individui, come famiglie, come comunita’, come citta’, come nazioni, come pianeta.
Friday, 17 May 2013
Una crisi intenzionale, congiunturale e sistemica...quello che nessuno dice
La crisi italiana ha tre qualità che la rendono ostica, infernale ed irrisolvibile all'interno degli schemi di ragionamento dominanti. Questa crisi e':
1. Intenzionale
2. Congiunturale
3. Sistemica
- Intenzionale perché voluta. Nel senso che ce la siamo proprio voluta. Il capitalismo si sa, è competizione per il profitto economico e se accettiamo sospendendo il giudizio, che questo sia un incentivo valido a migliorare il benessere della società, allora dobbiamo ammettere di esserci dedicati davvero poco e male ad esso. La competizione si è invece raccolta sull'accumulo di consensi ed allora la spesa pubblica sale per mantenere consensi, l'evasione si tollera e si condona per mantenere consensi, i privilegi di caste e corporazioni si proteggono per mantenere consensi. E nel frattempo abbiamo perso la competizione globale in massimizzazione del profitto economico. L'abbiamo persa e se non c'è un altro torneo, l'abbiamo persa per sempre.
- Congiunturale perché si è manifestata con l'incontro tra l'incombente problema energetico, l'apertura alla competizione globale di India, Cina e Sud America, la stanchezza degli americani a fare guerre e la capacità dei mercati di speculare. Ah, e non dimentichiamo l'apparato troppo velleitario della moneta unica. Le congiunture accadono sempre, come le coincidenze dei treni (quelle anche meno) che allora non si sa’ perche’ le chiamino proprio coincidenze.
- Sistemica perché qualcuno doveva perdere...la caratteristica di sistemicita' di questa crisi e' quella che la rende irrisolvibile, in Italia nel breve ed altrove nel medio/breve termine. Il modello competitivo prevede che ci siano raggruppamenti che vincono ed altri che perdono con l'illusoria possibilità di passare da una parte all'altra. Dunque esistoni individui, famiglie, comunita’, citta, nazioni o continenti che vincono ed altri che perdono...altrimenti che competizione sarebbe? Se il sistema fosse a somma zero, sarebbe pure concepibile un alternanza nel fare la parte del leone ma la verità, che nessuno racconta, e' molto peggio. La verità e' che il danaro e' debito e solo debito e dunque senza individui, famiglie, comunità, città, regioni e nazioni in debito non ci sarebbe danaro. Questo debito e gravato da interessi che sono al netto di tutti i pagamenti, una quantità di danaro che non esiste neppure teoricamente. E peggio ancora c'è un altra fonte di danaro immaginario generato dal meccanismo del “leverage” e cioè quella regola piuttosto arbitraria per cui chi ha 1 può prestare 10 ma chi contrae 10 deve pagare 10 (più interessi). Questo significa che non è neppure teoricamente possibile che una nazione esca dalla sua situazione debitoria se non a costo di un debito smisuratamente maggiore da qualche altra parte del pianeta...è chi se lo prende questo debito quando l'economia finanziaria del pianeta e' pari a 9 volte il PIL della Terra? Come va coi piani di esplorare galassie sconosciute?
La soluzione non è concepibile nell'ambito degli equilibri attuali eppure continuano a parlare di crescita...investimenti...chimere. Come disse Abraham Maslow: "se il tuo unico strumento e' un martello, tutto comincia a sembrarti un chiodo". È così mi chiedo se l'unica arma e' la crescita, cos'è l'umanità...pasta per pizza? Eppure si sa che ciò che può solo crescere, uccide il sistema che lo ospita. E si sa pure che la vita non e' che un gesto egoistico e vanitoso dell'universo...sic transit gloria mundi.
1. Intenzionale
2. Congiunturale
3. Sistemica
- Intenzionale perché voluta. Nel senso che ce la siamo proprio voluta. Il capitalismo si sa, è competizione per il profitto economico e se accettiamo sospendendo il giudizio, che questo sia un incentivo valido a migliorare il benessere della società, allora dobbiamo ammettere di esserci dedicati davvero poco e male ad esso. La competizione si è invece raccolta sull'accumulo di consensi ed allora la spesa pubblica sale per mantenere consensi, l'evasione si tollera e si condona per mantenere consensi, i privilegi di caste e corporazioni si proteggono per mantenere consensi. E nel frattempo abbiamo perso la competizione globale in massimizzazione del profitto economico. L'abbiamo persa e se non c'è un altro torneo, l'abbiamo persa per sempre.
- Congiunturale perché si è manifestata con l'incontro tra l'incombente problema energetico, l'apertura alla competizione globale di India, Cina e Sud America, la stanchezza degli americani a fare guerre e la capacità dei mercati di speculare. Ah, e non dimentichiamo l'apparato troppo velleitario della moneta unica. Le congiunture accadono sempre, come le coincidenze dei treni (quelle anche meno) che allora non si sa’ perche’ le chiamino proprio coincidenze.
- Sistemica perché qualcuno doveva perdere...la caratteristica di sistemicita' di questa crisi e' quella che la rende irrisolvibile, in Italia nel breve ed altrove nel medio/breve termine. Il modello competitivo prevede che ci siano raggruppamenti che vincono ed altri che perdono con l'illusoria possibilità di passare da una parte all'altra. Dunque esistoni individui, famiglie, comunita’, citta, nazioni o continenti che vincono ed altri che perdono...altrimenti che competizione sarebbe? Se il sistema fosse a somma zero, sarebbe pure concepibile un alternanza nel fare la parte del leone ma la verità, che nessuno racconta, e' molto peggio. La verità e' che il danaro e' debito e solo debito e dunque senza individui, famiglie, comunità, città, regioni e nazioni in debito non ci sarebbe danaro. Questo debito e gravato da interessi che sono al netto di tutti i pagamenti, una quantità di danaro che non esiste neppure teoricamente. E peggio ancora c'è un altra fonte di danaro immaginario generato dal meccanismo del “leverage” e cioè quella regola piuttosto arbitraria per cui chi ha 1 può prestare 10 ma chi contrae 10 deve pagare 10 (più interessi). Questo significa che non è neppure teoricamente possibile che una nazione esca dalla sua situazione debitoria se non a costo di un debito smisuratamente maggiore da qualche altra parte del pianeta...è chi se lo prende questo debito quando l'economia finanziaria del pianeta e' pari a 9 volte il PIL della Terra? Come va coi piani di esplorare galassie sconosciute?
La soluzione non è concepibile nell'ambito degli equilibri attuali eppure continuano a parlare di crescita...investimenti...chimere. Come disse Abraham Maslow: "se il tuo unico strumento e' un martello, tutto comincia a sembrarti un chiodo". È così mi chiedo se l'unica arma e' la crescita, cos'è l'umanità...pasta per pizza? Eppure si sa che ciò che può solo crescere, uccide il sistema che lo ospita. E si sa pure che la vita non e' che un gesto egoistico e vanitoso dell'universo...sic transit gloria mundi.
Monday, 1 April 2013
Eresia #1: L'italia non ha bisogno di un governo
L’italia non ha bisogno di un Governo ma di essere governata. Il parlamento belga senza governo per 15 mesi ha operato solo per conseguire la propria missione di servire i cittadini e senza preoccuparsi di accordi tra forze in campo porto' ad una insperata crescita del PIL.
Le forze in campo sono il problema. Se crediamo che il buon governo nasca dal contendersi bilanciato del potere tra banche, imprese, sindacati e mafia, non usciremo mai da questa situazione. La differenza tra i paesi europei che soffrono come noi e quelli che vanno meglio e’ che negli ultimi a differenza dei primi, dopo la spartizione tra i vari poteri, resta ancora qualcosina per i cittadini senza appartenenza o che appartengono ai gruppi perdenti.
La democrazia rappresentativa e' proprio cosi': raggruppa interessi e li rappresenta nel potere. Ma inevitabilmente, in un sistema per definizione fuori equilibrio, i poteri si raggruppano in pochi, grandi blocchi che a scalare accentrano grandi porzioni di potere lasciando a chi e’ meno avvantaggiato nel gioco, sempre meno. E cosi’ che dopo la stagione delle democrazie rappresentative in Europa dal dopoguerra ad oggi, le banche ed il sistema economico/finanziario (mafia inclusa) hanno raggiunto l'egemonia incontrastata mentre altri gruppi come i sindacati e le piccole imprese hanno perso visibilmente terreno.
La democrazia rappresentativa e’ stato un enorme progresso quando si partiva dal livellamento delle guerre e lo sviluppo industriale galoppava. La democrazia rappresentativa e’ la soluzione migliore in un mondo in cui l’unico modo computare le intenzioni dei cittadini e’ il voto quinquennale. Adesso si affaccia una nuova opportunita’ di trasparenza e di accessibilita’ al volere dei cittadini tramite l'informazione.
La democrazia diretta richiede solo che il parlamento sia un struttura piu’ amministrativa e meno politica. La politica vera viene distribuita cosi’ come si potrebbe distribuire la produzione di energia, ai padroni del paese: i cittadini. Di questo abbiamo bisogno, non di un governo.
Le forze in campo sono il problema. Se crediamo che il buon governo nasca dal contendersi bilanciato del potere tra banche, imprese, sindacati e mafia, non usciremo mai da questa situazione. La differenza tra i paesi europei che soffrono come noi e quelli che vanno meglio e’ che negli ultimi a differenza dei primi, dopo la spartizione tra i vari poteri, resta ancora qualcosina per i cittadini senza appartenenza o che appartengono ai gruppi perdenti.
La democrazia rappresentativa e' proprio cosi': raggruppa interessi e li rappresenta nel potere. Ma inevitabilmente, in un sistema per definizione fuori equilibrio, i poteri si raggruppano in pochi, grandi blocchi che a scalare accentrano grandi porzioni di potere lasciando a chi e’ meno avvantaggiato nel gioco, sempre meno. E cosi’ che dopo la stagione delle democrazie rappresentative in Europa dal dopoguerra ad oggi, le banche ed il sistema economico/finanziario (mafia inclusa) hanno raggiunto l'egemonia incontrastata mentre altri gruppi come i sindacati e le piccole imprese hanno perso visibilmente terreno.
La democrazia rappresentativa e’ stato un enorme progresso quando si partiva dal livellamento delle guerre e lo sviluppo industriale galoppava. La democrazia rappresentativa e’ la soluzione migliore in un mondo in cui l’unico modo computare le intenzioni dei cittadini e’ il voto quinquennale. Adesso si affaccia una nuova opportunita’ di trasparenza e di accessibilita’ al volere dei cittadini tramite l'informazione.
La democrazia diretta richiede solo che il parlamento sia un struttura piu’ amministrativa e meno politica. La politica vera viene distribuita cosi’ come si potrebbe distribuire la produzione di energia, ai padroni del paese: i cittadini. Di questo abbiamo bisogno, non di un governo.
Monday, 18 February 2013
Quella vita semplice...
Quando vedo certi avvenimenti vorrei che tutti vivessimo una vita fatta di cose semplici. Senza asfalto, senza navi, senza internet, senza carriere, senza niente di tutto quello che ci distrae dall'amare noi stessi ed amarci a vicenda...solo una tavola per mangiare, un letto per dormire ed un tetto per ripararsi. E invece stiamo ad ingolfarci la testa di cose inutili nonostante arrivi uno scossone ogni tanto...Non riusciamo ad andare avanti senza un obiettivo riconoscibile da questa realtà un po' di merda costruita da un umanità un po' di merda che non è capace di ritrovare un pizzico di coscienza. Siamo solo buoni ad invocare un Dio più o meno occasionale per dirgli: per carità, non peggio, fammi la grazia. Salvo poi a riservarci il diritto di bestemmiare o mandarlo a fare in culo quando qualcosa non ci aggrada o ci appare ingiusto.
Dove sei, giovane ragazzo taciturno dagli occhi blu e con tanta voglia di una vita semplice? Grazie per il tuo esempio, ti voglio bene...
Subscribe to:
Posts (Atom)