Disse il bravo giornalista: “Ed ora la parola al
nostro Sindaco”. Lui, un giovanotto rispetto ai precedenti
protagonisti della sala consiliare accetta quel dono. Accetta il
dono della parola e dell'attenzione dei cittadini non senza
imbarazzo. Quasi a volersi scusare per la pazienza di chi ascolta e
facendosi carico della responsabilita' di dire qualcosa di valido.
Un'ora prima, all'inizio dell'evento di presentazione di un libro, lo
stesso giornalista aveva annunciato al suo ingresso: “Entra il
Sindaco” e lui con gli occhi bassi sente l'inutilita' di tanta
pompa, e' lo stesso imbarazzo che si palpa e che e' talmente sano da
far sembrare tutti gli altri dei matti incalliti.
Il Sindaco accoglie l'invito come fosse un neonato e
comincia a raccontare quello che ha trovato nel libro. Ci tiene a
precisare, quasi scusandosi, che non ha finito ancora di leggerlo.
E' un libro sull'amore materno per un figlio. Un amore negato dalle
circostanze, una negazione con la quale il protagonista riesce a far
pace solo in eta' adulta, con la ragione. Ed il Sindaco racconta di
come in quel libro, lui ci abbia trovato qualcosa di diverso
dall'amore negato. Lui ci trova, all'opposto, l'amore eterno.
Quello che una volta ricevuto non t'abbandona mai e che diventa
l'unico strumento che consente al protagonista della storia di
diventare uomo davanti alle avversita' del suo percorso.
E poi succede una cosa. Il Sindaco si emoziona, quasi
piange perche' toccato dalla storia anche grazie all'interpretazione
teatrale di alcune pagine. Addirittura penso che l'autore si sia
ispirato alla storia del Sindaco per scrivere il libro. Ma non e'
cosi. Scopro che il Sindaco spesso si emoziona, che e' un uomo
dall'empatia cosi' prorompente da venire a galla anche di fronte a
personaggi fittizi. A dimostrare che niente e mai fittizio quando
sgorga dalla creativita' umana.
Castellammare di Stabia, terra di camorra, corruzione,
malaffare, indolenza e inefficienza ha un Sindaco in grado di
piangere ed io ho visto in questo una forza straordinaria. E come se
il percorso del libro si fosse invertito: dal protagonista che da
bambino diventa uomo in grado di razionalizzare il suo dolore,
troviamo un Sindaco che sa attingere da cio' che resta in lui del
bambino e che riempie di emozione un ragionamento. E se fosse
proprio questo cio' di cui abbiamo bisogno? Se non e' mai cambiato
abbastanza in questa citta' in mano a piu' duri sindaci capipopolo,
non e' possibile che un Sindaco “bambino” sia una risposta
migliore?
Sono quasi 20 anni che ritorno ma questa volta qualcosa
e' cambiato. Castellammare di Stabia, terra senza speranza, ha un
capo che sa piangere. Che non parla solo per emozionare la pancia
degli elettori ma per emozionarsi. Perche' per cambiare il mondo,
dobbiamo copiare la forza dei bambini. Ed i bambini, si sa, sanno piangere...
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