- Non si affronta la questione morale. Mi riferisco al fenomento che sta alla base della corruzione e dell'illegalita' cosi' diffuse nel nostro paese.
- L'assenza di una vera economia di mercato con una porzione importante di economia finanziaria ed uno sguardo favorevole alla globalizzazione.
Il primo e' il problema dei problemi rispetto al
quale non c'e' riforma elettorale, costituzionale o del lavoro, della
giustizia o del fisco che tenga. Rimarremo nella migliore delle
ipotesi fermi la dove siamo e cioe' in questo declino neanche tanto
lento che lascia imprese fallire e famiglie a dormire in
case fredde. Continueremo a tollerare l'egemonia di chi ha stuprato
questo paese fino a produrre in termini di danno economico meta' di
tutta la corruzione europea. Si tratta delle tre mafie e della nostra
tolleranza nei loro confronti nonche' della collusione con la
politica fino ai massimi livelli. Parafrasando Falcone, esiste una
cultura mafiosa. E' un certo modo di fare italiano, anche quando salti o fai saltare una
fila. Anche quando l'amico ti conserva il posto in aula
all'universita'.
Voglio pero' soffermarmi sul secondo vizio che
adduco nel trovare le colpe della nostra condizione e voglio farlo
cercando di mettere sulla carta due possibilita': quella di
correggerlo contro quella di farne una virtu'.
Adottare in pieno l'economia di mercato non e' un
tema indipendente da quello dell'illegalita'. A ben guardare,
l'economia di mercato e' una delle ricette possibili nonche' quella scelta dal mondo occidentale per affrontare la questione
morale. La teoria e' che un'economia di mercato vera, non è in grado
di sopportare troppa corruzione: nel momento in cui le transazioni
economiche sono prevalentemente delle transazioni private in
un regime di competizione reale finalizzata al profitto, non è più accettabile favorire
soggetti che non non siano i più adatti al
compito. Quanto meno non è possibile favorire un qualunque soggetto
mettendo a repentaglio la qualità del risultato. Ne consegue che non
si possono affidare appalti alla mafia, non si possono favorire
amici, parenti o chi conviene magari ai fini del consenso quanto meno
non a discapito della qualità di ciò che si cerca di realizzare
incluso cio' che si realizza per il bene comune.
È l'etica del profitto. Fin qui sembra piuttosto
ragionevole, vi pare? Non male come metodo se non fosse per tre
motivi.
Il primo è che per definizione di competizione,
non possono vincere tutti e quindi è necessario che una parte di
società perda sempre (ed e' sempre la stessa per motivi che qui' tralascio).
In secondo luogo ed in parte per il motivo
precedente, chi ha posizioni di privilegio finisce poi per
determinare il mercato con operazioni che favorisce la sua parte
(e.g.: scandalo del Libor nel Regno Unito e piu' di qualche sospetto
nei magheggi recenti sul prezzo dell'oro).
Ma il terzo e piu' importante motivo, è che
l'etica del profitto si scontra presto con le esigenze dell'essere
umano. E' come se la corporazione diventasse la macchina creata
dall'uomo che finisce per dominarlo (e.g.: se non sprecassimo cibo,
perderemmo due punti di PIL; se una casa farmaceutica ricevesse
approvazione per un farmaco mentre ne ha uno migliore già pronto,
sfrutterebbe comunque il primo farmaco finche' non produce il
profitto inteso)
E dunque se abbracciare l'etica del profitto e' la
soluzione, bisogna riconoscere che essa contiene in se un meccanismo
di conservazione del sistema contro l'interesse dell'umanità ed in
favore di pochissimi soggetti. È la strada dei governi da Monti in
poi e che verrà ulteriormente perseguita da Renzi e che per motivi
culturali abbiamo sempre tenuto lontana a dispetto delle promesse di
"rivoluzione liberale" dei precedenti vent'anni,
assolutamente non condonabili come un periodo migliore.
E trasformarlo in virtù? L'Italia è un paese con
un risparmio privato pari a 5 volte il debito pubblico proprio perché
non abbiamo abbracciato una vera economia di mercato e siamo rimasti
cauti sull'uso della finanza speculativa in confronto ad economie
cosiddette "più avanzate". Stiamo pagando il prezzo di
questa insubordinazione ai dettami del sistema economico ma che
contiene in se la qualcosa di virtuoso se si accetta che il sistema
economico vigente e' uno che crea grandi disugaglianze e che
sacrifica la dignita' umana davanti alla possibilita' del profitto.
Cioe' usare l'etica del profitto per controllare
l'illegalita' e' come dire ad un bambino: ti compro un giocattolo
solo se studi. Come se studiare non fosse doveroso e meritevole
d'impegno. Come se operare nell'ambito della legalita' avesse
bisogno di un ritorno economico per diventare un dovere.
E' possibile invece avere il coraggio di prendere
in mano il nostro destino ed avere la "smisurata ambizione",
per usare una frase di moda, di dimostrare al mondo come si può
concepire un economia più sostenibile ed in favore della crescita
dell'uomo e non del PIL per come e' definito?
La verita' e' che dobbiamo liberarci da vincoli
impossibili ed attuare le riforme di cui l'Italia ha bisogno per
poterci investire, ed investire innanzitutto capitali italiani, che
ce ne sono. Capitali per cambiare l'architettura industriale del
paese, per creare un alternativa all'industria pesante in un paese
che non può più pensare di fare economia con l'acciaio ed il
cemento e che nonostante i suoi indiscutibili vantaggi storici e
geografici fa meno turismo di Inghilterra, Spagna, Francia e
Germania. L'uso responsabile di danaro pubblico per le
infrastrutture, soprattutto quelle energetiche, delle
telecomunicazioni e dei trasporti che abilitino le nuove industrie e
ci liberino in parte tangibile dalla dipendenza totale dagli idrocarburi
(Ucraina docet?).
È un economia che potrei chiamare di benessere pubblico che deve
definire nuovi indici e parametri per misurare la crescita. Un
economia che si ricordi che il danaro fu introdotto per liberarci dal
baratto e non per renderci schiavi di chi lo elargisce generandolo dal nulla ad un
interesse di suo vantaggio.
L'etica del benessere pubblico è forse un'idea vecchia quanto
il mondo. L'etica dell'economia di mercato è un valido passaggio da
consegnare alla storia oppure la nostra condanna a farci la guerra,
ad affamare innocenti che non sono più solo nel terzo mondo perché
l'Africa è arrivata da noi sia via Twitter che coi barconi della
disperazione. E perché noi diventiamo sempre un po' più Africa via
via che le ricchezze ed il privilegio si globalizzano verso chi è
sempre stato davanti.
La scelta e' questa e forse dovremmo mandare in
Europa gente che racconti questa storia invece di attori, cantanti e
politici ormai impresentabili come se il parlamento europeo fosse un
cimitero degli elefanti senza proboscide come Mastella, De Mita,
Zanicchi, Barbareschi e compagnia bella.
Le prossime elezioni europee sono importantissime,
sono un'occasione unica per mettere in quei palazzi dei
rappresentanti che siano veramente pronti a sfidare questo sistema
con in mano un'alternativa costruttiva. Per dare un messaggio forte
alla politica italiana di riformarsi sul serio prima che di noi non
resti che la disperazione. Prima che invece di andare a battere i
pugni in Europa, su quel tavolo batteremo delle scodelle vuote in
cerca di un tozzo di pane.
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